Le precipitazioni meteoriche o i torrenti che queste creano, infiltrandosi in profondità, hanno corroso lo strato di calcare presente negli strati sotterranei formando fessure e passaggi che permettono il filtraggio dell’acqua nel sottosuolo. Si sono originate in tal modo le grotte e  le gravine, caratteristiche formazioni presenti in questa zona. Il più antico insediamento di Gioia, cioè Monte Sannace, che dagli studiosi viene indicato come capitale della Peucezia, è spesso citato come sito che insiste  sulla Murgia dei trulli. La presenza di insediamenti umani sulla Murgia risale già dal XV al XIII secolo a. C. Durante il periodo dell’età del Bronzo numerosi insediamenti di pastori sono presenti sulla Murgia gioiese ( vedi Santo Mola e insediamenti di Masseria del Porto ), le cui popolazioni erano dedite oltre che all’allevamento di ovini, equini suini e bovini anche ad attività artigianali, come la filatura della lana e l’arte della ceramica, occupazioni attestate da numerosi reperti archeologici.

E’ in questo contesto,  in questo territorio che troviamo strutture quali dolmen, menhir, specchie e trulli. Da paesaggio brullo e desolato, quale era inizialmente, grazie al duro e continuo lavoro dei contadini la Murgia dei trulli è stata trasformata in un luogo abitato e, dove possibile, è stato dissodato e reso coltivabile.

Strutture abitative simili ai trulli sono state rinvenute in Mesopotamia, in Egitto, in Grecia, a Creta, in Sardegna, in Sicilia. Lo stile architettonico del trullo si ritrova anche in paesi che non si affacciano sul Mediterraneo, come l’Irlanda, lo Yucatan, la Bolivia e le isole Ebridi, anche se a volte sono stati utilizzati materiali diversi dalla pietra, come mattoni cotti e fango. Gli abitanti della Mesopotamia e dell’Egitto già dal III millennio a.C. avevano costruzioni con volta del tipo a trullo. Alcuni studiosi ritengono che i trulli originariamente venivano utilizzati per le tombe e per le fortificazioni e successivamente per uso domestico. Ad avvalorare l’ipotesi che di chi sostiene che la costruzione sia di importazione greca ci sarebbe la forma greca tholos e l’ortografia greca trullo ( cupola ).

La presenza di simili strutture architettoniche fuori dalla nostra regione e dall’Italia non esclude, però, l’ipotesi che questa tecnica costruttiva  a pseudo-cupola sia stata inventata in Puglia, non provenga cioè da un unico centro di diffusione e costituisca, quindi, uno di quei casi che prende nome di “ invenzione plurima indipendente “. Mi sembra improbabile, dunque, che i trulli, essendo stati costruiti in età più vicina a noi, rispetto a costruzioni simili e anteriori, siano strutture la cui forma architettonica sia stata importata da un precedente e simile manufatto. Infatti solo in Puglia questa costruzione si è evoluta a tal punto da diventare una dimora stabile e in molti casi anche confortevole, grazie ad un consistente numero di ambienti che sono stati messi in comunicazione tra di loro.

Uno dei più antichi trulli ancora esistenti in Puglia e utilizzato come rifugio, risalirebbe al XVI secolo, anche se si diversifica da quelli più recenti per la sua struttura con muri più spessi e bassi, per la pianta di forma rotonda e per un’unica apertura bassa, utilizzata come porta d’accesso.

Con il passare del tempo si è passati a modificare  l'impianto costruttivo   da una pianta circolare ad una rettangolare. Costruzioni a trullo, anche con qualche differenza costruttiva, sono presenti in quattro zone della Puglia: il Gargano, una parte della Murgia settentrionale, la piana costiera intorno e a nord di Bari e la penisola salentina. Mentre in tre di queste aree le costruzioni servivano per deposito di attrezzi agricoli o come alloggio nei periodi dei raccolti o come rifugio diurno dei contadini, e prendono il nome di caselle o casedde ( che sono presenti nella parte costiera ), pagghiari ( che ritroviamo nella zona di Conversano ),  chipuri ( tipici della  zona del Salento ), nell’area della Murgia erano, e sono ancor oggi in parte, abitate in modo permanente dai contadini e sono correttamente chiamate con il nome trulli.

Significativo e singolare è un aneddoto che riguarda i trulli. Con l’editto Prammatica n. 24 de Baronibus del 1466, che il re spagnolo Alfonso d'Aragona  invia ai suoi feudatari, si imponeva l’autorizzazione regia per  chi volesse erigere non solo nuovi nuclei abitati ma anche qualsiasi nuova costruzione. Tale legge obbligava i feudatari a riscuotere tasse in relazione al numero e al valore complessivo delle costruzioni presenti sul suo territorio e a inviarne una parte alla corte del re spagnolo. Nel 1644 il re di Spagna invia in Puglia un ispettore per verificare come mai nel territorio di pertinenza del conte di Conversano Giangirolamo Acquaviva, compreso tra Gioia, Noci, Putignano e Martina Franca, zona chiamata Silva aut Nemus Arborbelli, le entrate fiscali sulle costruzioni fossero scarse. Tale ispezione fu sollecitata dal duca di Martina Franca, Francesco I Caracciolo, che, invidioso per le evasioni fiscali che il duca di Conversano realizzava sulle nuove costruzioni, aveva segnalato il suo cattivo operato alla corte spagnola. Il duca di Conversano, venuto a conoscenza dell’arrivo dell’ispettore regio riuscì facilmente a far demolire in una sola notte ( operazione  semplice perché erano stati costruiti senza malta ) tutti i trulli che non erano stati segnalati al re spagnolo e per i quali non aveva corrisposto le relative tasse  al sovrano.

L’ispettore si trovò davanti ad un cumulo di pietre e riferì al re che nessuna delle costruzioni segnalate come abusive era stata trovata per cui poteva fidarsi della buona fede del suo feudatario. Quando l’ispettore fece ritorno in Spagna i trulli furono ricostruiti con le stesse pietre utilizzate precedentemente, sempre senza l’utilizzo della malta, pronti ad essere demoliti velocemente in caso di un’ulteriore ispezione. A questo scopo il conte Giangirolamo emise un editto con cui vietava ai contadini di erigere nuove costruzioni che non fossero a secco, proibendo dunque l’uso della malta.

Inizialmente i trulli vengono costruiti o da contadini o da pastori che utilizzano come materiale da costruzione le pietre sparse per i campi, di cui abbonda il territorio delle Murge o che venivano estratte dal terreno per ricavarne terra coltivabile o provenienti da alcune cave. Le pietre migliori e più grosse erano utilizzate per la costruzione, mentre quelle più piccole servivano da basamento o da intercapedine.

I costruttori, chiamati trullari o trullisti, hanno elaborato una tecnica costruttiva sempre più perfezionata che ha permesso di passare dai semplici rifugi rurali a costruzioni più complesse da utilizzare come fissa dimora.

Il trullista prima di iniziare il suo lavoro prepara il terreno con uno scavo che riempie di uno strato consistente di pietre su cui innalzare la costruzione oppure scava in profondità per alloggiarvi una cisterna, che serviva a raccogliere l’acqua piovana necessaria per l’approvvigionamento idrico del proprietario della costruzione. Tale cisterna veniva ricoperta con una volte a botte o a cupola, costruita in pietra e malta, che fungeva da pavimento per il sovrastante trullo.

Il trullo era impostato con l’interno a forma quadrangolare con una muratura portante molto spessa formata da due paramenti paralleli; all’esterno si posizionavano grosse pietre squadrate, come quelle utilizzate nella costruzione dei “ parieti “ o muretti a secco, in forma circolare e leggermente inclinate per far scorrere l’acqua piovana e all’interno si sovrapponevano altre pietre, perfettamente a piombo, separate da un’intercapedine di uno spessore che variava da un metro circa in su, che veniva riempita di pietre di risulta e di terriccio, il tutto  per un’altezza media di mt. 1,80. Le pietre utilizzate erano quelle ottenute dallo scavo della cisterna o erano quelle affioranti sul terreno o provvenivano dagli strati lapidei superficiali. A volte sul prospetto erano presenti piccole aperture, per far entrare luce ed aria all’interno della costruzione, sormontate da un architrave sempre in pietra. La porta d’ingresso dei trulli più semplici presenta un architrave o un triangolo con funzione di scarico; quelli più complessi presentano un piccolo vestibolo chiuso superiormente da un arco a tutto sesto, che è sormontato da un tetto a spioventi, ricoperto di chiancarelle. Sulla porta d’accesso spesso è presente una piccola nicchia, che viene utilizzata come edicola-altarino, mentre appoggiati alle pareti ai lati della porta d’ingresso sono spesso presenti due sedili in pietra, utilizzati dai proprietari soprattutto durante la buona stagione. A volte lungo la parete esterna è presente una scaletta a chiocciola in pietra che corre intorno alla cupola conica; questo elemento architettonico  è però tipico della “ specchia”.

Molto spesso l’interno del trullo presenta delle grandi nicchie laterali con volte a botte, che erano utilizzate come posti letto. Dall’altezza della porta d’accesso il trullista impostava la volta, di forma conica a pseudo-cupola; dapprima utilizzava alcuni blocchi calcarei con spigoli arrotondati per trasformare la base da quadrangolare in circolare su cui poggiava le pietre affiancate ed incastrate tra di loro in modo da formare un anello circolare. Man mano che le pietre venivano disposte sui piani superiori si facevano rientrare un poco rispetto a quelle sottostanti, cioè in aggetto verso l’interno, tecnica che si può notare nel monumento miceneo detto “ Il tesoro di Atreo “, in modo da creare degli anelli circolari sempre più piccoli e determinare l’andamento conico della volta. Il momento in cui si giungeva all’apice della costruzione e non era possibile costruire un altro cerchio di pietre il trullista chiudeva l’apertura con un lastrone di pietra, ben saldato con il resto del materiale lapideo. La pseudo-cupola veniva poi protetta da un tetto costituito da pietre piatte e rettangolari, abbastanza lunghe, dello spessore da quattro a sette  centimetri, dette chiancarelle, anch’esse sovrapposte tra di loro ed embricate ( cioè con le connessioni ricoperte o alternate tra di loro ad ogni fila per evitare infiltrazioni ), e disposte in modo tale da creare degli anelli circolari decrescenti; la posizione inclinata della chiancarelle verso l’esterno aveva la funzione di proteggere la costruzione dalla pioggia, evitando il ristagno dell’acqua e permettendo il suo scorrimento verso il suolo o nella cisterna di accumulo sottostante.

L’introduzione di caminetti, di finestre, di alcove, nonché la tecnica di addossare e di collegare internamente due o più trulli per ottenere una costruzione con un consistente numero di ambienti e maggiore disponibilità di spazi per una famiglia  numerosa è indice di una pratica costruttiva piuttosto recente.L’esterno del trullo veniva intonacato o imbiancato fino al livello che sosteneva la pseudo-cupola mentre l’interno era ricoperto o con intonaco di calce o subiva una imbiancatura con la latte di calce; ciò consentiva di avere una maggiore luminosità all’interno, di ottenere una migliore igiene dell’ambiente, evitando la presenza di insetti e di piccoli animali, e di proteggere l’abitazione dalle correnti e spifferi d’aria.Sulla sommità della volta, chiusa da una lastra piana, si innalzava un pinnacolo di varie forme geometriche o simboliche. Il tipo più semplice è costituito da un cilindro sormontato da un disco orizzontale o da una sfera oppure da una piramide a base quadrata o triangolare. Quello più complesso presenta al posto del cilindro un cono o una coppa che sostiene una sfera, una sfera con una croce sovrapposta o una figura poliedrica cruciforme o stellata.

Alcuni studiosi ritengono che i pinnacoli siano elementi decorativi frutto di una esigenza di ordine estetico o simbolico, la raffigurazione pietrificata del palo centrale delle primitive capanne da cui sarebbe nato il trullo. La presenza di forme ricorrenti, come il disco, la sfera e la piramide rimanderebbero al culto del dio Sole o al culto betico, cioè delle pietre sacre, anch’esso collegato al culto del Sole, che ritroviamo presso molti popoli agricoli antichi,  la cui pratica è riportata anche dal poeta latino Orazio nel libro I delle Satire.

Analoghi pinnacoli di forma sferica che sono stati rinvenuti in Medio Oriente ed in Egitto richiamano alla mente il culto per il dio Sole.

Spesso sui tetti, o al di sopra dell’ingresso o sul lato esposto ad est, sono presenti anche dei simboli, disegnati con la calce. Ne sono stati individuati quasi 200 diversi tra di loro, la metà dei quali sono ampiamente noti alla teologia protocristiana.

Anche questi sigilli o segni vengono giustificati come un elemento estetico-decorativo ( se di stile geometrico o a carattere floreale ), ma da alcuni studiosi sono considerati come un elemento magico-scaramantico o apotropaico, astrologico oppure come simboli primitivi o come richiesta di protezione divina ( cristiana o pagana ) da parte degli occupanti dell’abitazione.

Tali elementi, come hanno dimostrato alcuni recenti studi, sono dovuti ai rapporti culturali e religiosi intercorsi tra l’Italia e l’Oriente nei primi anni del Cristianesimo. Identici simboli, presenti in ossari egizi e palestinesi e in catacombe romane costituiscono una conferma della loro origine palestinese o cristiano-giudaica o ellenistico-cristiana. Questi simboli, dalla primitiva origine pagana o giudaica, sono stati rielaborati successivamente in senso cristiano e approdano in Puglia attraverso l’arrivo di monaci ed eremiti provenienti dall’Oriente. La Puglia, infatti, ancora oggi è, ma è stata soprattutto in passato, un ponte tra l’Oriente e l’Occidente, terra di passaggio sia per i pellegrini che si recavano da Roma verso la Terrasanta che per i monaci diretti dall’Oriente verso Roma; basti pensare agli eremiti e monaci orientali e alle innumerevoli chiese rupestri presenti in Puglia. Numerosi giudeo-cristiani passati attraverso la nostra regione potrebbero aver diffuso l’usanza del loro simbolismo religioso nelle nostre terre, introducendo il simbolo della croce, cioè di Gesù.

lcuni  simboli, che vengono catalogati come primitivi, sembrerebbero collegati ai culti druidici che si celebravano anche nei boschi pugliesi e sulle Murge e che successivamente, mutuati nella tradizione cristiana, sono stati da questa trasformati, adattati alla sua spiritualità e sostituiti con un significato di tipo cristiano.A tale rito sembra essere collegata la tradizionale “ passata “ a Monte Rotondo, località sita a 6 Km. a Nord-est di Gioia. Tra i segni magici presenti sui trulli rientrano quelli zodiacali, planetari e astrologici, anch’essi assunti dal cristianesimo a simboli divini: Dio ( il cerchio ), Dio, Gesù e la creazione ( il cerchio sormontato dalla lettera H ), la Trinità ( un tridente ). Altri segni rappresentano i pianeti: Luna, Marte Giove, Venere. Sono presenti i dodici segni dello zodiaco, anch’essi assunti ad elementi sacri dal cristianesimo ( dodici è considerato un numero sacro:  dodici sono le ore, i mesi, i Patriarchi, le tribù di Israele, gli Apostoli ). Alcuni simboli religiosi richiamano esplicitamente la religione cristiana: il monogramma di Gesù, la Croce, il cuore trafitto della Madonna, l’alfa e l’omega, il calice, i segni della Passione, un angelo, una spiga di grano, un grappolo d’uva, una stella.Sui trulli sono presenti anche simboli di animali: cavallo, bue, gallo, aquila, serpente. Tra i simboli della flora si possono notare: un vaso di fiori, una spiga di grano. Altre raffigurazioni sono costituite da: falce, zappa, bilancia, martello ( simboli della sacralità del lavoro;  infatti San Paolo dice: Chi non lavora non mangi , 2 Tess.3,10).Il simbolo più ricorrente è quello della Croce, per gli ebrei segno di Jahveh e copia del Taw, ultima lettera del loro alfabeto e per i cristiani segno di Gesù.

Diversi sono i tipi di croce ( proprie o dissimulate ) presenti sui trulli: un semplice Tau, a croce greca o latina, un cerchio diviso in quattro parti da una croce, un quadrato in cui è presente una croce che parte dagli spigoli o dal centro di ogni lato, una croce sovrapposta ad un quadrato, a un triangolo o a un cerchio pieni, una croce sormontata da un semicerchio, una croce con due o quattro dischetti posti rispettivamente sopra e sotto i suoi bracci laterali, una croce che presenta due quadratini sui bracci superiori, una croce dai cui bracci laterali sgorgano delle gocce di sangue, la lettera rho ( P ) incrociata con la lettera X, cioè la raffigurazione del Chrismon ( Gesù), un’asta verticale con croce di Sant’Andrea, una croce da sola o circondata da dischetti, una croce radiata a sette bracci spesso chiusa inferiormente da un triangolo, una croce con un semicerchio al di sotto del braccio orizzontale, un cerchio sormontato da una croce, una croce patriarcale, cioè con due bracci orizzontali, una croce da sola o sovrapposta ad un triangolo o su un cerchio, un tridente semplice o sovrapposto ad un triangolo o a un cerchio, una svastica o croce gammata ( secondo alcuni segno contro il malocchio ), una croce circoscritta da una stella a sei punte, una croce che raffigura la lettera phi greca, anch’essi simboli considerati sacri.

Tra i simboli tradizionali spicca il disco, simbolo solare presso gli Egizi, spesso pieno, circondato da una o due circonferenze più ampie, a volte raggiato, a volte impostato sulla lettera M, con il monogramma IHS, a forma di ostensorio, simbolo cristiano per i credenti. Un altro simbolo frequente è l’albero con i rami rivolti verso l’alto o verso il basso ( croce-albero, albero della vita, albero della palma ), la pianta del trifoglio ( simbolo di augurio e di prosperità, della Trinità ), un fiore, come il giglio ( simbolo della croce, di prosperità di innocenza, di santità, di verginità ). Altri simboli meno frequenti, come l’angelo ( messaggero, annunciatore della buona novella ), l’aquila ( simbolo dell’aspirazione al divino, di regalità e segno di San Giovanni evangelista ), la rondine ( simbolo della primavera e di buon augurio ) e la colomba ( segno di pace dopo il diluvio ) fanno parte del gruppo delle croci dissimulate per la loro forma;  queste  per il loro significato rientrano tra i segni sacri.

Rare sono le presenze di segni che rappresentano una nave munita di albero, che per la sua forma è   il simbolo di una croce dissimulata o di un’ancora, simbolo di salvezza. Frequentemente si trova il segno di un cuore trafitto da una spada, simbolo del cuore trafitto della Madonna a seguito del colpo che il soldato romano Longino inferse a Gesù, trafiggendogli il costato. Nel territorio di Gioia si possono ammirare trulli singoli o appaiati sia in direzione Marzagaglia che lungo le vie per Noci, Turi e Putignano. Questi presentano dei pinnacoli costituiti prevalentemente da un cilindro sormontato da un disco orizzontale o da una sfera. Mancano quasi totalmente i simboli che caratterizzano i trulli della zona più a est di Gioia, quelli più importanti e famosi della zona di Alberobello.

Sarebbe opportuno effettuare un censimento per conoscerne l’entità delle presenze di trulli nel nostro territorio e salvaguardarne l’integrità per consegnare alle generazioni future un bene architettonico e culturale che nel 1996 è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità. Anche gli organi istituzionali, attraverso la Formazione Professionale negli anni scorsi hanno organizzato corsi per restauratori di trulli, visto che i vecchi trullari stavano per scomparire e, con loro, anche un mestiere che si perdeva nella notte dei tempi.