Significativa la scelta del titolo “phos” parola greca il cui significato è luce. Pietro Annicchiarico, non si limita ad dare con le sue “foto” solo una testimonianza diretta di quanto accade sul palco, ma diviene, come argutamente lo ha definito Emanuela Ponzano, regista dello spettacolo, cacciatore di fantasmi o forse, sarebbe meglio dire, creatore di mondi, dove l’ombra è regina grazie all’utilizzo che Pietro Annicchiarico fa della macchina fotografica, come se fosse una penna di luce.

Immagini, non evocative di lidi sicuri, ma pennellate piene e grondanti di colore, sì proprio pennellate! Questa è la fotografia di Pietro che si nutre di pittura e di colore.

I suoi sono mondi di ombre che bramano la luce di una redenzione finale o di una semplice speranza per sopravvivere; non sono oleografici, né rassicuranti, ma inquietano lo spettatore, coinvolgendolo in “un’esperienza emozionale e, allo stesso tempo, capacitante”, rendendolo non il passivo fruitore di un fattore estetico, ma il protagonista di un’esperienza capace di ampliare la percezione di senso.