Le donne di Rosanero sono il simbolo dell'antipotere e al tempo stesso della solidità. In fondo sono proprio le sorelle Miceli che portano avanti la famiglia, sono tutte coinvolte. Giuliana, l'ultima delle sorelle, è l'unica che cerca di ribellarsi agli accaduti familiari.  Così si rifugia nell'anoressia come rifiuto del  potere proprio delle famiglie mafiose. Ma questa ribellione non ha un vero e proprio fine. Vannina, la capofamiglia è colei che si sente costretta a fare delle scelte. Le leggi della mafia sono feroci. Da una parte Vannina è l'unica che prende coscienza della situazione, ma il suo dolore aumenta momento dopo momento proprio perché sa di non potere fare nulla. In tutto questo c'è una colpa generale. Tutte le sorelle sono colpevoli.

La colpa maggiore è che nessuna delle donne Miceli si chieda da dove arrivino i soldi, i favoritismi. Si attengono anche loro alle leggi della mafia. Tanto che alla fine Vannina si fa addirittura mandante dell'omicidio di un bambino.  Tutte accettano la situazione senza volere prendere coscienza della realtà.
L’ambientazione è in una Palermo dei giorni nostri, ma avrebbe potuto essere una Milano, una Roma perché si è preferito universalizzare il tema della mafia. Palermo viene citata ma non ha inteso ridurre lo spettacolo ad una semplice caratterizzazione del luogo.