Murgia, sentieri di Puglia e Basilicata
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Orchidee selvatiche dalle stupefacenti sfumature impreziosiscono le tue colline. Pochi gli alberi, compensati da immense distese adibite a pascolo. L’aridità di un paesaggio perennemente assetato contrasta con la varietà dei tuoi colori. Chiari e limpidi al sorgere del sole. Immersi nella luce durante la stagione estiva. Bagnati di pioggia dopo un temporale. Scuri e indistinguibili nelle notti invernali, quando la neve manca e le sfumature si fondono diventando impercettibili.
Murgia. Il tuo manto stepposo è intervallato, qua e là, dai muretti a secco e dagli jazzi, antichi recinti di pietra destinati al ricovero temporaneo delle pecore o alla lavorazione del latte. Gli erbosi sentieri che ti attraversano senza farti violenza sono chiamati tratturi, le cosiddette “vie della transumanza”. Lo stesso D’Annunzio, nella poesia “I pastori”, scriveva: «E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente».
{affiliatetextads 1,,_plugin}Murgia. L’uomo ti ha da sempre abitata. Ha lasciato tracce di sé. Lo ha fatto erigendo involontari monumenti. Costruendo città dalla storia particolarmente affascinate. Attraversarti significa dimenticare per un attimo il resto del mondo. Significa percorrere, con il presente, il passato, accompagnandolo per mano nel futuro.
Gli invidiosi, però, hanno voluto occultare le bellezze della Natura tentando di distruggerti. Le tue vesti, a volte, sono state ridotte in brandelli. Il tuo paesaggio, spietrato, è divenuto spesso sede di discariche abusive. Laghetti artificiali e poligoni militari hanno scempiato il volto della terra che ti appartiene. Difenditi, Murgia. Difendi la lunga storia che ti precede per narrarla con la voce della tua solitudine.
Diversi sono gli itinerari che offri a chi vuole conoscerti. Quello delle rocce. Quello degli illimitati spazi. Quello della fauna e della flora. Quello dei castelli e delle città. Quello degli scrittori che hanno parlato di te. Quello della gente che hai visto nascere, crescere e morire.
Tanti itinerari. Un unico orizzonte. Quello che va oltre la linea del tuo confine. Quello che il viaggiatore insegue senza mai raggiungere. Perché, nonostante tu, Murgia, sia concretamente e materialmente finita, possiedi un’anima. E l’anima non ha spazi. Né tempi. Ha solo echi.