Ieri una delegazione dell’ordine di Napoli ha organizzato un briefing sulla frana con i giornalisti. «Se lo dice Bertolaso dobbiamo credergli - commenta il presidente Francesco Russo - mancano però poco più di venti giorni e la frana continua a muoversi. Purtroppo la si combatte con mezzi a nostro avviso non idonei: anziché tentare di arginarla a monte, si interviene a valle». Per la verità la Protezione civile agisce sia a monte che a valle. Sulla sommità della frana si vedono diversi tubi che risucchiano l’acqua dalle numerose sorgenti naturali nel sottosuolo. I laghetti però stanno sempre lì (ne abbiamo contati due) anche ora che andiamo incontro alla bella stagione e le precipitazioni piovose sono diminuite. L’ingegner Pepe, responsabile dei cantieri per la Protezione civile, ammette: «L’acqua è il vero problema. Abbiamo montato un sifone che sta facendo il suo dovere, ma non chiedetemi di fare previsioni». Se a monte la frana viene alimentata dall’acqua che scorre nelle sue viscere (il motivo per cui cammina) a valle le ruspe rimuovono terreno e lo scaricano nei camion anche di notte.

{affiliatetextads 1,,_plugin}I militari dell’undicesimo genio guastatori dell’Esercito hanno montato le fotoelettriche e si avvicendano in turni di guardia con i colleghi dal vicino quartier generale allestito nell’area industriale di Montaguto. 
Una situazione che però comincia a farsi insostenibile per Giuseppe Andreano, sindaco del piccolo comune irpino: «Ci chiedono continuamente servizi, ma siamo un comune di appena 200 anime e non ce la facciamo». La gente da queste parti sembra stia perdendo la pazienza. Invocano da quattro anni interventi per arginare la frana, ora che sono arrivati la speranza sta crollando nel vedere che il quadro non cambia: «Quindici giorni fa la situazione era come oggi (ieri: ndr) - protesta Antonio Membrino ex presidente della Pro Loco di Montaguto - anzi due settimane fa le ruspe erano riuscite a scavare una strada di cantiere oggi nuovamente divorata dalla frana. Sembra la tela di Penelope».

Indizi tuttavia poco significativi per la Protezione civile: «Il nostro obiettivo è depotenziare il movimento franoso. Conta poco se il piede è ancora lì e comunque con le ruspe stiamo togliendo terreno proprio per non dargli la possibilità di percorrere altri metri». I geologi campani sono però molto preoccupati. Hanno organizzato questo tour sulla frana più ampia d’Europa nel giorno in cui ricorre l’anniversario della tragedia di Sarno, Bracigliano, Siano e Quindici, i primi tre comuni del Salernitano (il quarto nell’Avellinese) travolti dalla frana che il 5 maggio 1998 causò la morte di 159 persone. «Questa frana può essere più devastante - ammonisce il presidente dei geologi campani - l’unico dato che ci conforta è sapere che in questa zona la densità abitativa è piuttosto bassa. Ma questo non deve far abbassare la guardia, e l’azione della Protezione civile ci sembra più simile a un cerotto sulla ferita. Se c’è un progetto di consolidamento del territorio chiediamo di conoscerlo». 

La frana viene monitorata ventiquattr’ore su ventiquattro con sensori ultramoderni (chiamati off-set) montati a monte e a valle che misurano con esattezza il movimento del terreno. Sono queste strumentazioni forse l’incubo maggiore per gli uomini della Protezione civile: scavando da un lato e risucchiando acqua dall’al - tro, confidano che la frana prima o poi si fermi. Ma quel tempo sembra ancora lontano.

(C) lagazzettadelmezzogiorno.it - Massimo Levantaci