Nel caso di specie, la decisione è stata adottata in seguito alla vicenda di una dipendente di una concessionaria di automobili cui è stato riconosciuto di aver subito un danno biologico e danno non patrimoniale - quantificato nella misura di 30.000 euro - in conseguenza delle molestie sessuali perpetrate dal capo.

{affiliatetextads 1,,_plugin}La posizione aziendale assunta nel giudizio è stata indirizzata al ridimensionamento dei fatti, ma la sezione Lavoroodiosità” della condotta lesiva indotta soprattutto “dallo stato di soggezione economica della vittima". della Corte ha confermato il maxi risarcimento riconosciuto dai giudici di merito rimarcando l’ "

Il danno non patrimoniale, conclude la Corte, va riferito al "clima di intimidazione creato nell'ambiente lavorativo dal comportamento del datore di lavoro e al peggioramento delle relazioni interne al nucleo familiare della dipendente in conseguenza di esso".

Secondo Giovanni D’AGATA, componente del Dipartimento tematico nazionale “Tutela dei consumatori” dell’ITALIA DEI VALORI, un’ulteriore sentenza che pone un fondamentale tassello nella tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici anche in termini di ristoro dei gravi pregiudizi subiti in conseguenza di condotte antigiuridiche, quali le molestie sessuali, ritenute gravi anche dal punto di vista sociale.