Gianfranco Fini non riesce a comprendere quale sia la bussola del Pdl, posto che ce ne sia una. Perché, a meno di non credere che al vertice manchi "lucidità politica", la conclusione è che questo innalzamento di toni nasconda davvero l'intenzione di andare ad elezioni anticipate.

A sera il presidente della Camera mette in fila con i suoi deputati "i fatti" di una giornata vissuta sull'ottovolante, con l'aula di Montecitorio - alla faccia dell'appello di Giorgio Napolitano - trasformata in una bolgia di insulti reciproci. Come se l'attentato di Milano non ci fosse stato, come se la politica fosse di nuovo tornata indietro. Ma è al suo partito, ormai in mano ai falchi, che il presidente della Camera, "profondamente deluso", rimprovera gli errori più gravi.

A innescare la miccia è stata la decisione del governo di porre la questione di fiducia sulla Finanziaria, dopo che le opposizioni avevano accettato di ridurre al minimo gli emendamenti. "C'era un accordo politico nella maggioranza - si è lamentato Fini - e quegli emendamenti sarebbero stati tutti respinti. Tremonti lo sapeva. Ma il Parlamento avrebbe lavorato, maggioranza e opposizioni avrebbero collaborato". Insomma, sarebbe stato "un bel segnale in questo clima esasperato". Fini ha cercato di spiegarlo in tutti i modi a Giulio Tremonti prima della discussione in Aula. Si sono appartati nella "sala del governo", hanno discusso a lungo, ma il ministro è stato irremovibile. "Allora parlerò io in aula", ha chiuso seccamente Fini, "perché la fiducia messa in questo modo, contro la stessa maggioranza, si spiega soltanto con l'ideologia".

E così è stato, Fini ha parlato contro la fiducia e Pdl e Lega lo hanno sommerso nuovamente di critiche. Un deputato del Pdl - Giancarlo Lehner - arriva a dire che Berlusconi ha ricevuto da Fini "un altro colpo in faccia". Il cofondatore del Pdl, convinto che si sia ormai passato il segno, si sfoga con i suoi per una frase che giudica "una barbarie", preoccupato anche per quello che scriveranno oggi il Giornale e Libero. "Questa volontà di costruirsi il nemico interno - ragiona Benedetto Della Vedova - è davvero incomprensibile". A meno che, appunto, il Pdl non sia in cerca di un pretesto per andare a elezioni anticipate.

{affiliatetextads 1,,_plugin}Ma l'altro incidente che Fini considera "grave" è l'intervento "incendiario" di Fabrizio Cicchitto, quello in cui il capogruppo del Pdl indica come mandanti morali dell'attentatore alcuni pm, i giornali e i politici più critici contro il premier. Il presidente della Camera, chiusa la seduta d'aula, è una furia per "l'occasione mancata", quella in cui "si poteva iniziare a respirare un clima diverso". Con la visita a Berlusconi al San Raffaele, con quell'abbraccio al Cavaliere dopo settimane di ostilità, con la visita di Pier Luigi Bersani allo stesso capezzale, Fini era convinto che si fosse iniziata a costruire la cornice di una "pacificazione" politica. E invece, "grazie agli incendiari siamo di nuovo a questo punto". Stavolta il presidente della Camera ci tiene a distinguere tra il Cavaliere e i falchi del Pdl. Anzi, considera che "i peggiori nemici di Berlusconi" siano propri quelli che soffiano sul fuoco. "Una dimostrazione di poca lucidità politica", visto che un'atmosfera più serena è proprio quella che servirebbe per far passare anche quei provvedimenti sulla giustizia che reclama il presidente del Consiglio.

http://farm4.static.flickr.com/3114/2558077425_bac4ec9c96.jpg?v=0Per tentare di riportare la calma Fini rompe dunque gli indugi e decide di chiamare Berlusconi al San Raffaele. Con il premier deplora l'atteggiamento di Tremonti e gli attacchi "violenti e incendiari" di Cicchitto. Una telefonata da cui ricava appunto la convinzione che Berlusconi questa volta sia incolpevole. Anche Pier Ferdinando Casini, allarmato per lo scontro sempre più forte, testimone degli attacchi di Cicchitto prima da Vespa e poi in aula, chiama Silvio Berlusconi chiedendo al premier di "porre un freno" ai falchi. A sera, Casini partecipa a un ricevimento all'ambasciata di Israele e, parlando sottovoce a Gianni De Michelis e Stefania Craxi, ribadisce il messaggio: "Tutta la solidarietà per quello che gli è successo, ma se Berlusconi insiste con le elezioni anticipate finisce che stavolta le perde di brutto".

Torna dunque l'ipotesi del voto anticipato, almeno come sospetto. In questo caso, se davvero Berlusconi facesse saltare il tavolo, i finiani non starebbero fermi, mollando la casa madre e garantendo con i loro voti l'esistenza di un governo istituzionale. Sono al momento niente più che ragionamenti e vengono fatti filtrare nella speranza che Berlusconi comprenda che non è più tempo di "tirare la corda". Ma la convivenza tra Fini e i falchi sotto lo stesso tetto è ormai diventata difficile. Tanto che, nei discorsi tra gli uomini del presidente della Camera, si affaccia anche la possibilità di creare un gruppo parlamentare autonomo. La collocazione sarebbe sempre nel centrodestra, ma offrendo al governo un appoggio esterno e contrattando di volta in volta il sostegno ai vari provvedimenti. Come l'Mpa di Lombardo.