L'arresto di Pennisi, 48 anni, ex discotecaro, ossigenato manager, a suo dire, di pubbliche relazioni, sedicente maestro del sesso tantrico, fa fare un passettino in più rispetto al "detto" e "non detto" sulla corruzione a Milano.

La microcamera. Cominciamo da Mario Basso, il costruttore valtellinese che l'ha fatto arrestare. Basso era arrivato da Sondrio in città per lottizzare un ex capannone nella periferia della Bovisa, quartiere trasformato in cittadella universitaria (e dormitorio di lavoratori immigrati). Una volta si sarebbe rivolto (forse) alla polizia, ma in questi anni di paparazzi, intercettazioni e security aziendali sempre più intrusive, che fa Basso? Compie un assoluto inedito: si fabbrica l'indagine da solo. Una sorta di "piccolo Di Pietro-fai-da-te", o una "Jena" ad honorem. Se Luca Magni, l'imprenditore che diciotto anni fa fece arrestare Mario Chiesa, andò all'appuntamento alla Baggina portando nella valigetta del denaro una telecamera (che non funzionò), Basso si è procurato una microcamera da professionista dello spionaggio. Ha ripreso in diretta la sua consegna della mazzetta al "concussore". E solo "dopo" è andato dai detective di Stato. È il solo ad aver avuto questa reazione da film-maker? O altri video di altri imprenditori sono in qualche cassetto?

{affiliatetextads 1,,_plugin}Lo stile di una volta. La seconda "visione" è connessa allo sconcertante presidente di Commissione urbanistica. Perché grazie a Pennisi si scorge l'approdo "nella Milano politica di oggi di qualcosa come il generone romano", rilancia Piero Bassetti. Imprenditore e politico, uno dei primi ad anticipare le esigenze di maggiore trasparenza nella cosa pubblica già ai tempi di Bettino Craxi premier, ci offre la chiave di lettura migliore: "Sappiamo tutti che un tempo - dice Bassetti - c'era uno stile secondo cui i partiti selezionavano il personale, mentre oggi si agita una classe media di avvocaticchi, di professionisti di chiaro insuccesso... C'è un generone che si sta facendo largo in quel che resta dei partiti".

Oggi si rischia meno. Ben al di sopra dei "topi che ballano e rischiano per un pezzettino di formaggio", stando a Bassetti e anche ad alcuni magistrati, prosperano "i grandi poteri, che si scambiano con tranquillità i grandi favori". Sarebbe questa la nuova, vera, possente Tangentopoli da portare alla luce, ma lassù, nell'empireo dell'affarismo politico, gli schemi sono più complessi e s'intravvedono soltanto. Come per esempio "alla Maddalena, dove - spiega sempre Bassetti - in cambio dell'operazione demagogica di spostare senza problemi il G 8 all'Aquila", si lasciano le strutture a prezzo di favore, qualche soldo, gli appalti da finire. In fin dei conti, come aggiunge Piercamillo Davigo, ora giudice di cassazione, ex membro del pool Mani Pulite, "dal '94 a oggi non ci sono stati provvedimenti anti-corruzione. E se la tangente che si paga sembra essere minore, è semplicemente perché è diminuito il rischio di essere beccati".

Confesseranno? Chissà se i "mastini" delle Procure, attraverso lo sciame sismico di arresti e arrestini, puntano ad ottenere nuove informazioni dall'interno sui grandi affari? L'ultimo arrestato Pennisi, che cosa sa dell'urbanistica milanese sempre più rampante? E, visto che pagava anche una parte della campagna elettorale di Ignazio la Russa, che cosa sa Piergianni Prosperini, assessore regionale in prigione da metà dicembre? Innescare una stagione di confessioni non sembra però al momento alla portata dei pm, né a Milano, né altrove.

Più di un milione di euro. Emblematico, sempre in Lombardia, il caso di Rosanna Gariboldi. Assessore a Pavia, moglie del potente deputato pdl Gianfranco Abelli: su un conto bancario della signora, a Montecarlo, c'era oltre un milione di euro, denaro inspiegabile, arrivato dal re delle bonifiche, Giuseppe Grossi. Gariboldi ha lasciato tutti i soldi alla Procura ed è tornata a casa. Ha abbandonato la cella di San Vittore, dopo aver ottenuto la solidarietà dei colleghi politici: come Formigoni o Podestà.

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