Intervista. Emilio Nuzzolese: «il nostro ruolo nel restituire dignità e identità ai Migranti annegati»
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La svolta decisiva è avvenuta nel 2009, con l'incontro della presidente Penelope Puglia, Annalisa Loconsole. Nel 2017, l'attività autoptica sulle 26 donne Nigeriane annegate nel Mediterraneo ha ulteriomente rafforzato il suo impegno. Inizia così un'attività di consulenza tecnico-forense per l'applicazione di migliori pratiche nell'identificazione dei resti umani. Questa esperienza ha profondamente colpito Nuzzolese, portandolo a conoscere la dimensione delle famiglie che attendono notizie sul destino dei loro congiunti scomparsi. L'attività di accoglienza quale volontario della Croce Rossa Italiana ha poi messo l'accento anche sulla necessità di restituire dignità e identità ai migranti morti in mare.
L'odontoiatra forense e responsabile del laboratorio di identificazione personale e odontologia forense (LIPOF) dell'Università di Torino, Emilio Nuzzolese, è un punto di riferimento nell'identificazione personale, in Italia e all'estero. Il professor Nuzzolese ha iniziato così ad affrontare il dramma delle persone scomparse e dei cadaveri senza identità e la necessità di eseguire sistematicamente un'autopsia orale per restituire l'identità perduta dei migranti morti durante i viaggi della speranza. L'obiettivo è quello di valorizzare l'apporto dei dati dentali e odontoiatrici per la tutela dei diritti umani dei resti umani e delle loro famiglie. Una revisione sistematica appena pubblicata sul Forensic Science, Medicine and Pathology, in cui Nuzzolese co-autore, ha evidenziato come nei disastri di massa l'apporto dell’odontologia forense consente di pervenire ad una identificazione in almeno 1/3 dei casi.
Nato a Bari nel 1970, Nuzzolese si definisce un attivista dei diritti umani, impegnato sia nella tutela della salute orale delle persone vulnerabili che nell'odontologia forense umanitaria. Nuzzolese ha sempre sottolineato l'importanza di riconoscere la dignità anche nei cadaveri restituendo un nome e una identità, applicando il più corretto approccio tecnico multidisciplinare. Con una formazione articolata, che include lauree in odontoiatria, in scienze giuridiche e a breve in scienze criminologiche, un dottorato in morfometria analitica con applicazione biomediche e antropologiche, e l’abilitazione scientifica nazionale quale professore associato di medicina legale.
Perché è stato decisivo per lei il 2009?
Nel 2008, appreso dell’istituzione del Commissario Straordinario per le Persone Scomparse, mi sono recato a Roma per conferire con il Prefetto Gennaro Monaco e rappresentargli la necessità di integrare i rilievi autoptici con la raccolta di informazioni dentali e odontoiatriche per rispettare la più corretta criteriologia medicolegale nella identificazione personale. Il primo censimento dei cadaveri non identificati realizzato dal suo ufficio, evidenziava, infatti, che su circa 900 autopsie, meno del 10% avevano previsto la registrazione dei dati dentali. A quell’incontro a Roma presenziò anche la Presidente Nazionale dell’Associazione Penelope Italia, che sostiene le famiglie delle persone scomparse. Così decisi di iscrivermi come volontario dell’Associazione Penelope Puglia, proponendo alla Presidente Regionale Annalisa Loconsole di creare una task force di periti volontari, disponibili gratuitamente a tutelare i diritti delle famiglie durante le autopsie di resti umani non identificati. I numerosi contatti con le famiglie delle persone scomparse, sia durante gli incontri associativi che nelle occasioni in cui ho iniziato a svolgere il loro consulente di parte, mi hanno messo di fronte ad una realtà fatta di sofferenza, di angoscia, di dolore, nell’attesa di conoscere il destino del proprio caro, nella quale il ruolo del perito deve andare oltre l’aspetto tecnico e perseguire l’obiettivo di applicare migliori standard multidisciplinari nelle autopsie per non tardare inutilmente il processo di attribuzione personale. Insieme, abbiamo realizzato un protocollo operativo tra Penelope Puglia e la sezione di Medicina Legale dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, sotto la guida del professor Pietrantonio Ricci.
Un'altra data decisiva è il 2017 nell’ambito del fenomeno migratorio. Cosa è successo?
Nel 2017 il professor Antonello Crisci viene incaricato dalla Procura di Salerno per sottoporre ad accertamenti autoptici 26 donne nigeriane annegate nel mare Mediterraneo e recuperate da una imbarcazione che le ha trasportate a Salerno. Il medico legale nomina numerosi ausiliari, e mi contatta per introdurre anche un odontoiatra forense, al fine di raccogliere ulteriori dati identificativi e accertare l’età delle vittime. Lavorare senza sosta nel cimitero di Salerno è stata un’esperienza che ha confermato la necessità di svolgere le autopsie identificative in modo molto più puntuale, attraverso rilievi radiografici delle arcate dentarie, fotografando tutti gli oggetti personali e gli indumenti, per poi registrare le informazioni non solo sulla scheda Ri.Sc., proposta dal Ministero dell’Intero, ma anche la scheda Interpol che prevede una più mirata raccolta di informazioni dentali.
Nell’ottica di evidenziare l’importanza dei dati dentali e non già solo odontoiatrici, ho promosso diverse campagne di sensibilizzazione come quella denominata iDENTIficami, che attraverso brevi video in più lingue elenca una serie di presidi di natura dentale che possono essere preziosi nell’identificazione – ad esempio un paradenti sportivo o le foto ritratto di un sorriso - e la scheda per bambini e adolescenti che consente una raccolta di informazioni utili in caso di scomparsa. Iniziative, sempre svolte in più lingue, anche promosse durante diverse edizioni della Notte Europea dei Ricercatori con l’Università di Torino. Uno degli aspetti da perfezionare nelle autopsie medicolegali è il coinvolgimento sistematico dell’odontoiatra forense e dei rilievi radiologici e fotogrammetrici delle arcate dentarie. Noi odontoiatri forensi siamo una figura complementare ancora troppo sottovalutata in Italia, salvo in quei centri dove la sezione di medicina legale può contare su tutti gli specialisti del settore, come ad esempio Torino, Bari, Firenze, Milano e Roma.
È questo uno dei motivi per cui a Torino abbiamo deciso di adeguare il laboratorio di identificazione personale con l’integrazione dell’odontologia forense, grazie alla lungimiranza del professor Giancarlo Di Vella, inaugurando nel 2019 un servizio di odontologia forense umanitaria e un processo di teleconsulenza registrato come virdentopsy.
Ma l’identificazione è un processo complesso e costoso?
L’identificazione personale è senz’altro un processo complesso ma potrebbe essere meno costoso se fossero nominati più consulenti odontoiatri forensi. L'autopsia orale è un accertamento molto meno costoso e molto più veloce della tipizzazione del DNA. In molti credono che la risposta per ridurre il numero dei corpi senza nome - oltre 2.600 censiti in Italia - sia la banca dati del DNA. Tuttavia, non solo questa sarebbe una soluzione parziale, ma non tiene in conto che il ritrovamento di una salma non più riconoscibile visivamente non permette di individuarne nazionalità o provenienza, per cui il suo DNA non ha un gruppo familiare potenzialmente compatibile con cui compararlo. Ecco perché la prima fase del processo identificativo è un’identificazione generica che può svolgere un odontoiatra forense con competenze antropologiche. Tracciato il profilo biologico della salma attraverso l'autopsia orale è poi possibile eseguire un confronto con i dati delle persone scomparse compatibili, fino a trovare le corrispondenze. Gli sforzi per l’identificazione dei migranti sono ancora più complessi, poiché presentano il limite della raccolta delle informazioni da parte delle famiglie nei Paesi di provenienza. Aspetto su cui stiamo lavorando attraverso un gruppo di lavoro internazionale coordinato dalla professoressa Caroline Wilkinson. Il riconoscimento dei cadaveri dei migranti è, dunque, un problema europeo che dovrebbe prevedere il coinvolgimento della protezione civile europea, iniziando con l’aggiornare la Raccomandazione n. R(99)3 del Consiglio d’Europa relativa alla armonizzazione delle regole in materia di autopsie medicolegali, che è stata pubblicata nel 1999. Ho cercato di sottolineare l’urgenza di modificare ciò che veniva indicato come ‘esame dentale’ in ‘autopsia orale’, presentando una segnalazione alla commissione per le petizioni UE, che pur essendo stata valutata non ha avuto seguito.
C’è un progetto futuro che possa dare continuità alle vostre attività umanitarie?
Abbiamo diverse iniziative che promuovono le scienze forensi umanitarie. Anzitutto il servizio di odontologia forense umanitaria, che il LIPOF, come dicevo, ha inaugurato nel 2019, ma anche due percorsi paralleli. Quello tecnico, intrapreso dalla sezione di medicina legale dell’Università di Torino, attraverso la formazione di odontoiatri forensi in grado di assistere il medico legale nei ritrovamenti di resti umani come nella identificazione delle vittime di disastri. Poi ci sono diversi progetti orientati alla divulgazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle autorità sulla raccolta e conservazione di dati dentali e odontoiatrici a fini identificativi. Tra i partner coinvolti l’associazione Penelope Italia e l’associazione Odontologia Forense e Diritti Umani (Forensic Odontology and Human Rights), di cui sono fondatore e attuale presidente. A breve sarà presentato anche un nuovo progetto chiamato “articolo 6 Diritto al Nome”, con il quale offriremo la nostra disponibilità volontaria su tutto il territorio nazionale per i casi di ritrovamenti di resti umani scheletrizzati o carbonizzati. In questi casi, la raccolta del DNA è spesso impossibile, mentre denti e mascelle permettono di tracciare un profilo biologico generico con cui intraprendere una ricerca mirata delle persone scomparse anche attraverso le associazioni e la redazione di "chi l'ha visto?".
Il lavoro del professor Nuzzolese non solo si concentra sull'identificazione dei cadaveri, ma anche sull'educazione, sulla sensibilizzazione e sull'azione umanitaria per garantire che nessuno venga dimenticato o ignorato, sia che si tratti di migranti annegati nel mare o di persone scomparse. Il suo impegno incarna la lotta per la dignità, i diritti umani e la giustizia per tutti, mentre guarda al futuro con progetti che puntano a formare nuove generazioni di professionisti impegnati nella tutela della vita e della dignità umana.