“Bisogna aggredire il problema italiano che, come e’ ormai evidente anche a livello internazionale, e’ rappresentato da un altissimo debito e una bassissima crescita. E vanno affrontati entrambi i lati del problema. I tagli alle tutele, ai servizi e al reddito dei ceti medi e bassi fin qui prospettati e messi in atto non rappresentano una soluzione, ma, al contrario, sono un moltiplicatore della crisi. Oggi sono centrali la battaglia per l’equita’  sociale e quella per salvare l’Italia”.

Con quale ricetta?
“Sono necessari interventi significativi per abbattere il deficit e ridurre le quote di debito. Ma, contemporaneamente, va sviluppata la crescita. Come dicevo, la ricetta e’ una patrimoniale pesante. Ma non quella che gia’  c’e', cioe’ quella che Berlusconi ha imposto ai ceti medio bassi…”

Nessun altro provvedimento?
“Sì: una importante tassazione delle rendite e tagli alle spese militari. Punto”.
Quanto crede che siano condivise queste soluzioni?
“Credo che saranno la bussola del nuovo Ulivo. E del resto, che cosa si dovrebbe appoggiare, la politica economica del centrodestra, la loro macelleria sociale? Per quattro anni la maggioranza ha nascosto la crisi, l’ha negata. Ci dicevano che era disfattismo… Ed eccoci a una crisi che non e’ un evento meteorologico imprevedibile, ma che e’  figlia della redistribuzione verso l’alto delle ricchezze: la crescita della rendita e l’impoverimento del reddito da lavoro”.

Napolitano, dalla Puglia, ha invitato tutti a “un esame di coscienza collettivo”. Si sente coinvolto?
“Il presidente della Repubblica rappresenta un faro e le sue parole vanno sempre ascoltate. Io, che incarno uno dei punti piu’ lontani dal governo attuale e dal berlusconismo, sono anche l’esperienza incarnata del lavoro comune con alcune parti della maggioranza. In Puglia, per difendere il Sud ho stretto un patto molto forte con il ministro degli Affari regionali Fitto. Non si puo’ vivere come se si fosse sempre in campagna elettorale. Sento la mia parte di responsabilita’ per contribuire a costruire il senso delle istituzioni e il rilancio del Paese”.

La patrimoniale piace anche a Confindustria.
“Si e va bene, purche’ non sia solo un sacrificio simbolico”.

Chi vedrebbe a guidare questa fase transitoria, questo “governo di scopo”?
“Nomi? A me interessano i temi, e credo che quelli necessari a sanare la crisi siano contro natura per questo Parlamento”.

Come immagina una vostra futura coalizione per l’alternativa di governo?
“Immagino un grande cantiere aperto non solo alle forze politiche che vogliono salvare e rilanciare il Paese, ma anche a soggetti sociali che criticano il berlusconismo. La politica non si esaurisce con i partiti, ne’ con l’alleanzismo costruito nel teatrino”.

In materia di tutele sociali e lavoro, si vede bene in un’alleanza con Matteo Renzi e Giorgio Gori?
“Dobbiamo imparare la convivenza tra differenti, e soprattutto essere in grado di ascoltarci reciprocamente. Pero’, per quello che anche con simpatia iniziale ho ascoltato nel discorso di Renzi, scorgo una continuita’ con gli errori più fatali che la sinistra ha commesso negli ultimi trent’anni. E non ho trovato nessuna analisi delle cause del berlusconismo, ne’ alcuna soluzione per uscirne. La contrapposizione nonni/nipoti e’ una mistificazione. Quello che oggi serve al Paese e’ ricostruire la comunita’ di tutte le generazioni: non con la formula vecchi/giovani, ma con quella ricchezza/poverta’”.

Somiglia a qualcosa di antico…
“Dobbiamo passare dalla sbornia consumistica alla sobrieta’. Voglio usare una parola religiosa: serve una conversione dell’economia”.

Daria Gorogisky - Corriere della Sera