I parlamentari dovrebbero darsi un bel taglio ai propri stipendi?
«Mi rendo conto che per un parlamentare siamo a una quota di semi-assistenza con la quale non può sopravvivere, ma è il solo modo per ottenere un vero risparmio della spesa pubblica e riacquistare la fiducia dei cittadini. Occorre un sacrificio autentico. L’abbattimento del 10% proposto dal ministro Tremonti sugli stipendi, se risulteranno vere le prime indiscrezioni pubblicate sui giornali, è una caricatura. E soprattutto non basta. Occorre dismettere decine e decine di palazzi legati all’attività del Governo centrale, le mille sedi dei ministeri e le centinaia di auto blu».

Come il nuovo primo ministro inglese David Cameron che preferisce andare a piedi e non usare la scorta.
«Senta, se io devo dire al mio assessorato ai Servizi sociali che non ci sono i soldi per il trasporto pubblico ai disabili e non voglio perdere la faccia, posso farlo solo se i disabili sanno che anche i parlamentari avranno meno privilegi. I sacrifici devono esserci per tutti e di eguale portata. Invece i sacrifici si chiedono solo ai Comuni, che sono le uniche macchine pubbliche che funzionano ancora. Per altro, qui saremo due volte penalizzati».

In che senso?
«I trasferimenti dallo Stato centrale mica sono uguali per tutti i Comuni metropolitani. Il meccanismo è farraginoso, perché sono tutti basati sulla spesa storica. A Bari, ad esempio, arrivano il 30% in meno dei trasferimenti pro capite destinati a Milano. E va rivisto anche il principio che regola le Regioni e le Province a statuto speciale, non possono più mantenere i privilegi di una volta: devono capire che siamo tutti in Italia e quanto ottengono è sproporzionato. Altrimenti è meglio che si dichiarino indipendenti. Ci costerebbero meno».

{affiliatetextads 1,,_plugin}Ma lei cosa avrebbe fatto al posto di Tremonti?
«Io posso solo dirle che di questo genere di manovre sento parlare da anni e da tutti i tipi di Governi. E sono tutte manovre di contenimento che non intervengono sui veri problemi. Quello che mi preoccupa, infatti, è che invece di attaccare la crisi, il Governo prova solo a difendersi, procurando un bagno di sangue ai Comuni che rischia di far saltare l’unica cosa che funziona ancora. I cittadini, infatti, non si accorgono delle Province e della Regione se non in occasione di una frana o per malasanità».

Ma non crede che i provvedimenti di Tremonti incontreranno il favore dei cittadini, specie il taglio del 50% delle consulenze?
«Balle demagogiche. Le Regioni fanno di tutto e di più per l’affidamento delle consulenze, non i Comuni. Gli unici consulenti di cui il Comune si avvale sono gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti. Gli avvocati perché le cause che il Comune deve sostenere non sono sempre di facile soluzione. E ricorrere agli architetti e agli ingegneri esterni costa meno che utilizzare gli interni. Perché, oltre alla paga base, quelli interni percepiscono onorari a progetto e hanno tutto l’interesse a non esternalizzare».

Due giorni fa, Bari ha ospitato la protesta dei sindaci del Mezzogiorno. Immagina una risposta corale a questi tagli?
«La risposta sarà corale e furiosa, perché siamo oltre il livello di tollerabilità, perché siamo di fronte a segnali di difesa e non di attacco alla crisi. Non c’è nessuna misura che tuteli il sistema economico. Si tratta, anzi, di una manovra recessiva. Se si sottrae denaro dal mercato, i consumi come ripartono? E il segnale già c’è. Quando i consumi di generi alimentari scendono di 6/7 punti percentuali negli ultimi due anni, che altro segnale deve arrivare per farci capire che l’economia sta crollando? Tremonti fa come Maria Antonietta e invece che brioches ci farà mangiare michette».

Non è che ci siano molte strade se non si vogliono toccare le tasse.
«Se ci facessero spendere il denaro che abbiamo in cassa liberandoci del patto di stabilità, tutti i sindaci darebbero avvio a una grande stagione di opere pubbliche che rimetterebbe in moto l’economia. Per difendere la moneta unica, invece, stiamo mettendo in campo il più micidiale strumento di recessione della storia mondiale».

Corriere della Sera