{affiliatetextads 1,,_plugin}Quindi, chi procura lesioni gravi a un animale e lo sevizia senza motivo e con crudeltà risponde di maltrattamenti di animali, un preciso capo di imputazione introdotto nel codice penale dalla legge del 2004. La decisione in epigrafe, dunque, evidenzia il mutamento dell’orientamento giurisprudenziale a seguito dell’introduzione dello specifico reato segnando un inasprimento contro le sevizie agli amici a quattro zampe. Nel caso di specie, infatti, è stato respinto il ricorso di un uomo calabrese condannato nel merito a 200 euro di multa per aver seviziato il suo cane, per il reato previsto dall’art. 638 c.p. che punisce chi uccide o danneggia animali altrui senza necessità. La Suprema Corte ha riformato la sentenza, confermando comunque la condanna, ritenendo che la condotta dell’uomo non integrasse il reato previsto dall’art. 638, ma il nuovo e più grave delitto ai sensi dell’art. 544 ter del codice penale, che sanziona chi sevizia gli animali senza motivo o con crudeltà.

I giudici di piazza Cavour hanno infatti chiarito che il reato di maltrattamenti di animali “si differenzia dal reato ex art. 638 c.p, rientrando tale disposizione tra i delitti contro il patrimonio, in cui il bene protetto è la proprietà privata dell'animale, sicché muta l'elemento soggettivo, costituito, nel reato di cui all'art. 638 c.p., dalla coscienza e volontà di produrre, senza necessità, il deterioramento, il danneggiamento o l'uccisione di un animale altrui e nel quale, diversamente dal delitto di cui all'art. 544 ter c.p., che tutela il sentimento per gli animali”.