{affiliatetextads 1,,_plugin}Intendiamoci, la lunghezza dei giudizi – penali, civili ecc. – è un problema reale, come dimostrano le numerose sentenze della magistratura europea che hanno condannato l’Italia per la violazione del principio della ragionevole durata del processo.
La soluzione richiede un intervento sulle regole, sui mezzi e sull’organizzazione del sistema giudiziario nazionale; è impossibile, quindi, ottenere risultati solo cambiando le regole. Sarebbe come credere alla possibilità di trasformare i macilenti convogli dei pendolari in treni ad alta velocità solo modificandone – sulla carta – i tempi di percorrenza.

Peggio ancora è che si pretende di imporre i nuovi termini anche ai processi in corso. Sarebbe come se si decidesse che, all’improvviso, tutti i treni, anche quelli già in movimento, devono concludere il loro tragitto entro – supponiamo – tre ore dall’avvio e che, alla scadenza, il convoglio dovrà fermarsi ovunque si trovi; vicino oppure lontano dalla meta, il macchinista dovrà arrestare la motrice, invitando i passeggeri a scendere dalle carrozze, anche in aperta campagna e sotto la pioggia.

Esattamente quello che accadrà – fuor di metafora – in migliaia di processi, cui all’improvviso verrà imposta una durata imprevista (e imprevedibile). Stop, fermi tutti, decorso il termine, gli imputati saranno assolti, anche se erano già state raccolte prove schiaccianti nei loro confronti; alle vittime si dirà di rivolgersi al giudice civile, il quale non ha gli strumenti per rispondere alle domande di giustizia che trascendono la dimensione patrimoniale (il diritto penale esiste anche per questo !). Stop, fermi tutti. Migliaia di giornate di lavoro perse (alla faccia della crisi), tonnellate di carta (alla faccia dell’ambiente), senza contare il danno incommensurabile inferto alla coscienza civile da questa nuova esaltazione della impunità (alla faccia delle ronde e delle campagne sulla sicurezza).

Il tutto perché? per evitare a Silvio Berlusconi il processo Mills? è troppo! Certo, ma dobbiamo guardare alla situazione con realismo senza vagheggiare risposte che il sistema non è – allo stato – in grado di offrire. All’Italia dei processi al premier e delle leggi ad personam non interessa molto. Tranne qualche minoranza, la base non s’indigna, non reagisce. La maggioranza relativa degli elettori, nonostante tutto, continua ad aver fiducia in Berlusconi. Ciononostante, il Parlamento, che non ha la forza per negare al premier il salvacondotto ma, grazie a Fini, occupa una posizione centrale in questa vicenda, può fare molto per evitare che la via di uscita dal Mills corrisponda alla fuga dalle legalità di tutto il sistema-paese.

L’opinione pubblica e le camere possono salvare il salvabile. Soluzioni alternative sono ben possibili. Penso, ad esempio, ad una piccola modifica legislativa che sottragga il premier dal giudizio, senza la “porcheria” (on. F. Casini) del c.d. processo breve: un’autentica legge ad personam, misurata e selettiva, che giovi solo a Berlusconi, senza effetti collaterali (o quasi … s’intende che ogni legge ad personam è in sé dannosa per la coscienza civile e l’integrità dell’ordinamento).

L’accusa del processo Mills è corruzione in atti giudiziari, reato (319-ter c.p.) punito con la reclusione da tre ad otto anni. Il termine massimo di prescrizione di dieci anni dovrebbe spirare intorno alla metà del 2010. È questo il problema, perché nei pochi mesi che mancano alla scadenza il tribunale potrebbe comunque avere il tempo di pronunciare la sentenza di primo grado. È un rischio che non si vuole correre. Riduciamo, allora, la pena massima dell’art. 319-ter a cinque anni (la stessa misura prevista per la corruzione c.d. “propria”), così il termine di prescrizione scenderà a soli sette anni e mezzo, Berlusconi sarà assolto senza danni collaterali saranno pressoché azzerati (l’art. 319-ter è un reato rarissimo).

Ancora non basta, perché si vuole stoppare anche il processo sui diritti televisivi e si temono – dopo la bocciatura del c.d. lodo Alfano – nuove indagini ? Bene, si fronteggi – come suggerisco – l’emergenza e poi si imbocchi la via maestra di una legge costituzionale che sottoponga i procedimenti nei confronti del premier all’autorizzazione del parlamento. Si operi in fretta, se occorre, con misura e selettività, se possibile, evitando motivazioni intrinsecamente incostituzionali (vedi il c.d. primus inter pares) e soluzioni inutilmente estese come sarebbe la reintroduzione della immunità per tutti i parlamentari, uno dei peggiori ricordi della prima repubblica e una vera iattura in un sistema elettorale in cui i cittadini non possono votare gli eletti ma solo i partiti che formano le liste".

Andrialive.it