Emilio Nuzzolese: “Io, l’odontologia forense e i diritti umani dei cadaveri senza nome”
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- By DentaNext
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No, non è un detective, né un avvocato dei diritti dei pazienti in senso tradizionale. Emilio Nuzzolese è un odontoiatra forense, un medico che ha scelto di guardare la vita — e la morte — attraverso la bocca, “il luogo dove l’identità lascia tracce silenziose ma incancellabili”. Professore di Medicina Legale all’Università di Torino, volontario di Penelope Italia, della Croce Rossa Italiana e dell’UNICEF, da anni studia i cadaveri senza nome, cercando nei denti e nel cranio ciò che resta della verità.
È considerato tra i professionisti italiani più esperti nel campo dell’identificazione umana post‑mortem, un lavoro tecnico e scientifico, ma profondamente umano, animato dalla convinzione che ogni persona, anche dopo la morte, ha diritto a essere riconosciuta, e che ogni famiglia ha il diritto di sapere.
«I denti raccontano chi siamo stati in vita — spiega —. Parlano di dove siamo cresciuti, di che cosa abbiamo mangiato, delle nostre abitudini, delle cure che abbiamo ricevuto o che non abbiamo potuto avere. Sono documenti biologici unici, più duraturi di qualsiasi altro tessuto. Dai denti emergono storie, geografie interiori, tracce sociali. Per questo l’odontologia forense, insieme alla medicina legale, entra nella società: non si limita a ricostruire un volto, ma ci aiuta a comprendere chi siamo»
Negli anni, Nuzzolese ha trasformato l’odontologia forense in una disciplina che abbraccia la dimensione dei diritti umani, portandola nei contesti più difficili: morti migranti, vittime di conflitti, persone scomparse. La sua attività scientifica e il suo impegno di volontariato si intrecciano costantemente. Per lui, identificare un corpo non è solo un atto medico o giudiziario: è un gesto di giustizia e di restituzione.
«Dare un nome a un morto significa restituire dignità a una vita, ma anche pace a chi resta. Ogni corpo riconosciuto è una ferita che si chiude, un diritto umano che si compie»
Negli ultimi anni ha ideato la campagna informativa iDENTIficami e la Dichiarazione di Torino sull’Odontologia Forense Umanitaria. Ha inoltre sviluppato IDENTIKID, un progetto di prevenzione unico in Italia per l’identificazione di bambini e adolescenti, che consente di conservare in modo sicuro e privato tutte le informazioni utili in caso di scomparsa.
Ma Nuzzolese non si ferma qui.
Da tempo sottolinea la necessità di integrare l’autopsia odontoiatrica e antropologica nell’autopsia giudiziaria, quando è richiesta anche l’identificazione personale. Per lui, l’odontologia forense è un linguaggio ibrido, dove le scienze forensi incontrano l’etica e il diritto. Ogni volta che apre una bocca scheletrica o analizza un’anomala abrasione su un dente, lo fa con la consapevolezza che quell’esame può restituire un volto, un nome e un lutto.
Nei cimiteri e negli obitori italiani giacciono ancora corpi senza identità, numeri anonimi in attesa di essere riconosciuti. Per molti degli oltre trentamila migranti morti nel Mediterraneo dal 2001, o dei 2.600 corpi senza nome censiti dal 1974, l’identificazione resta un obiettivo lontano, che richiede dialogo multidisciplinare e sinergia tra università, forze di polizia e accesso coordinato a banche dati internazionali.
Da anni Nuzzolese chiede un aggiornamento della raccomandazione europea sulle autopsie medico‑legali del 1999, che si limita a descrivere l’esame dentale senza riconoscere appieno l’autopsia odontoiatrica. Allo stesso tempo, sottolinea l’urgenza di istituire una scuola di specializzazione in Odontoiatria Legale e Forense, per formare nuovi esperti e consolidare la cultura scientifica del settore e il suo valore sociale.
«Non servono miracoli — osserva — ma volontà politica e, soprattutto, assenza di competizioni tra colleghi»
Nei convegni internazionali o davanti ai suoi studenti, Nuzzolese richiama spesso il principio del “diritto all’identità post‑mortem nel rispetto dell'art. 6 della dichiarazione universale dei diritti umani e del Codice Civile”, un diritto essenziale, al pari della salute o della libertà. E lo dice con parole semplici, ma piene di senso.
«Riconoscere i morti serve ai vivi. Finché un corpo resta senza nome, qualcuno resta senza verità. E senza verità non c’è pace, né giustizia, per la persona deceduta e per i suoi familiari»
Oggi, nella sezione di Medicina Legale dell’Università di Torino, circondato da odontoiatri, reperti dentali e progetti di ricerca, Emilio Nuzzolese continua a coltivare quella che chiama “la scienza della memoria”.
E non è difficile comprendere perché, nonostante l’ironia sull’“assenteismo” di chi lavora spesso in smart working o viaggia come relatore internazionale, chi lo conosce lo descriva come un odontoiatra legale e forense capace di fare della scienza un atto di giustizia, e della giustizia un atto d’amore.